Aderenza alla terapia con farmaci antipertensivi dopo ictus ischemico e rischio di esiti cardiovascolari


È stata valutata la relazione tra aderenza alla terapia con farmaci antipertensivi ed esiti cardiovascolari tra i pazienti che hanno avuto un recente ictus ischemico.

Uno studio caso-controllo ha valutato la presenza di esiti cardiovascolari maggiori non-fatali e mortalità in una coorte di 14.227 pazienti con diagnosi di ictus ischemico, di 65 anni e più, che sono stati trattati con agenti antipertensivi tra il 1999 e il 2007 in Quebec, Canada.

Ogni caso è stato abbinato a 15 controlli per età e per il momento di ingresso nella coorte.

L’età media era di 75 anni, il 54% era di sesso maschile, il 38% aveva una malattia coronarica, il 23% era affetto da diabete mellito, il 47% da dislipidemia, e il 14% da fibrillazione atriale o flutter atriale.

Una elevata adesione alla terapia con antipertensivi è risultata correlata anche a un’alta aderenza alla terapia con statine e con antiaggreganti piastrinici, ed era associata a un minore rischio di eventi vascolari non-fatali, rispetto a una minore aderenza ( rate ratio, RR=0.77 ).

È stato osservato un legame paradosso tra aderenza a numerosi farmaci e mortalità per tutte le cause.

In conclusione, l'adesione alla terapia con agenti antipertensivi è associata con l'adesione ad altre terapie di prevenzione secondaria e a una riduzione del rischio di eventi vascolari non-fatali dopo un ictus ischemico.
Una sovrastima della riduzione della mortalità per tutte le cause può essere correlata a comorbilità, che possono confondere l'apparente beneficio dei diversi farmaci. ( Xagena2012 )

Perreault S et al, Neurology 2012; 79: 2037-2043


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